lunedì 31 dicembre 2007

il limite del tempo

E' un po' che non scrivo, premessa necessaria ed inutile.
31 Dicembre. Scrivo sulla soglia del 2007. Abbiamo bisogno di confini per segnare il prima e il dopo, il noi e il loro, il dentro e il fuori. Ciò che è e ciò che non è, possiamo scoprirlo dandoci un confine.
Oggi siamo sul limite di un pezzo di tempo. Sul limite di un anno. Con due movimenti di fiato e di vita: un sospiro per l'anno passato, e un respiro trattenuto per l'anno che arriva. Sospiro, respiro in uscita: affidiamo il tempo trascorso a Qualcuno e alla vita. Respiro trattenuto: è la speranza che portiamo dentro, ma anche la meraviglia davanti a ciò che ci aspetta.
Respirare profondamente, senza affanno. E' un augurio.
Respiri in uscita e in entrata; inspirare ed espirare; il battere e il levare del ritmo e della musica; il dare e il ricevere; il racconto e l'ascolto; l'accoglienza e il bussare; il riso e il pianto; la gioia e il dolore. Mi sento come cullato. E' lo splendido movimento della vita che ci culla tra due punti. E un altro anno avrà il suo carico di amore e di calore.
Con l'augurio di garantire sempre spazio alle cose più belle...alle perle e al filo che le lega.

domenica 16 dicembre 2007

La gioia nel poco



Oggi sono felicissimo di avere un ospite sul mio blog, si tratta di Andrea. Restiamo in attesa di un suo spazio sul web, ormai da tanto!
Eugenio


Ho chiesto ad Eugenio di ospitarmi nel suo blog. Lo ringrazio davvero tanto e spero presto di essere in grado di far funzionare un blog!

La gioia nel poco.
Svegliarsi Domenica mattina, guardarsi intorno e scoprire che la neve ha baciato anche Cosenza.
Descrivere le mie sensazioni oggi, è difficile! Un misto di gioia, malinconia, felicità!
La gioia è dovuta al fatto che la neve di per sé ci fa tornare bambini. E’ la gioia dei semplici, dei puri, di coloro che sanno gioire con poco (chiamalo poco)! Un evento meteorologico, un evento naturale che per milioni di anni si è manifestato al mondo ed agli uomini. Però ogni volta che accade, è un evento! Oggi poi la gioia si è unita alla gioia della Domenica, della festa Pasquale! I miei occhi, sin dal primo mattino, non hanno fatto altro che guardare sempre in direzione della Chiesa. La messa oggi è stata vissuta nella semplicità e nella spontaneità: i canti trovati al momento, Don Michele che ci aspetta sull’uscio della Chiesa, i ragazzi ‘mpusi che entrano in Chiesa, Luca che suona l’organo con la salopette che faceva molto fine anni ’80. La Chiesa, la Casa nostra….
….e qui inizia la malinconia! Malinconia perché la neve non può non riportarmi con la mente e col cuore alle Dolomiti ed a Comelico. A quella che è stata l’esperienza che mi ha cambiato la vita. Quelle giornata di neve e quell’odore di resina e legna nella stufa; quella Chiesa accanto casa mia dove le vecchine si recavano a Messa anche con -10 gradi! Oggi ho voluto indossare di nuovo la calzamaglia che usavo nei giorni più freddi sui monti. L’ho tenuta tutto il giorno, lasciandomi accarezzare la pelle, lasciandomi assalire dolcemente dal ricordo! Il ricordo delle camminate nella neve per andare a scuola, i miei lunghi tragitti lavorativi silenziosi e riflessivi, Eugenio che mi chiamava ogni volta che avevo il rientro e col fiatone ritornavo a lavoro. Le mie fermate davanti la Chiesa a salutare don Attilio e Adriano all’uscita da scuola. Pietro Terranova quasi un fratello-collega maggiore . Era da un po’ che non pensavo a loro, e proprio oggi ho pensato che a loro devo davvero tanto! Non solo a loro ma in primis ai ragazzi….
….ragazzi! A Cosenza i ragazzi hanno un solo nome: Giovanissimi! Abbiamo giocato e scherzato nella neve. Ci siamo rotolati, ci siamo abbracciati, ci siamo ‘mpusi! A loro devo mille e più grazie! Ci sono, sono lì con la loro spensieratezza e la loro voglia di esserci! Sono parte della mia famiglia, sono i miei fratelli più piccoli, coloro i quali sono cresciuti con me ed io con loro. Coloro i quali per anni hanno scandito i miei minuti e le mie ore. Oggi che non sono più loro responsabile, oggi che i miei impegni associativi non sono più ufficiali, la mia gioia è grande! E’ la gioia della corresponsabilità, la gioia di chi sta in una Famiglia e che offre quello che ha!
In questo periodo il mio cammino di Cristiano procede con la voglia rinnovata di ricercare, di scoprire, di lasciarsi sorprendere! Nel cammino incontro mille volti e mille volti ancora voglio incontrare!
Grazie Signore, grazie infinite volte!

Andrea

giovedì 6 dicembre 2007

una canzone per te...



Bella,
che ci importa del mondo?
verremo perdonati te lo dico io
da un bacio sulla bocca un giorno o l'altro.

Ti sembra tutto visto tutto già fatto
tutto quell'avvenire già avvenuto
scritto, corretto e interpretato
da altri meglio che da te.

Bella,
non ho mica vent'anni
ne ho molti di meno
e questo vuol dire (capirai)
responsabilità
perciò…

Volami addosso se questo è un valzer
volami addosso qualunque cosa sia
abbraccia la mia giacca sotto il glicine
e fammi correre
inciampa piuttosto che tacere
e domanda piuttosto che aspettare.

Stancami
e parlami
abbracciami
guarda dietro le mie spalle
poi racconta
e spiegami
tutto questo tempo nuovo
che arriva con te.

Mi vedi pulito pettinato
ho proprio l'aria di un campo rifiorito
e tu sei il genio scaltro della bellezza
che il tempo non sfiora
ah, eccolo il quadro dei due vecchi pazzi
sul ciglio del prato di cicale
con l'orchestra che suona fili d'erba
e fisarmoniche
(ti dico).

Bella,
che ci importa del mondo.

Stancami
e parlami
abbracciami
fruga dentro le mie tasche
poi perdonami
sorridi
guarda questo tempo
che arriva con te
guarda quanto tempo
arriva con te.


(Ivano Fossati, Il Bacio sulla bocca, 2003)

domenica 11 novembre 2007

Beppe e Sara


Roma, 10 novembre 2007. Ecco il testo del mio "intervento-domanda" prima della ministra Melandri. Oltre a me (Giovani e partecipazione politica) sono intervenuti a stuzzicare il ministro: Paola (Giovani e futuro) e Valentina, per telefono (Giovani e mondo del lavoro).

Sara ha 23 anni, studia economia e fa parte di due associazioni; fa volontariato nella periferia della sua città. Ha partecipato attivamente a molte manifestazioni per la pace e per i diritti, è stata a Genova nel 2001. Quando le hanno chiesto di “partecipare” alla “giovanile” di un partito ha risposto che gli spazi di speranza per la sua città e per la sua terra oggi stanno altrove.
Beppe ha 23 anni, studia ingegneria e lavora in un call center. Il suo tempo libero è per lo svago, la sera è fatta per i locali più “in”, e veste solo di tendenza. Quando gli hanno chiesto di “partecipare” a una iniziativa di un partito politico ha risposto che i politici “fanno solo promesse che non mantengono” e “curano solo i propri interessi”.

La partecipazione politica dei giovani oggi ha diversi volti. C'è il volto del “silenzio” di Beppe, e quello della “responsabilità” di Sara. Tutti sotto l'unico ombrello del “disincanto”. Il potere politico è riconosciuto come operante, e le sue azioni si sa che hanno ripercussioni sulla nostra vita e sui nostri desideri futuri (e ci chiediamo: quando ci verrà restituito il diritto a un “progetto”?).
Il potere politico, in quanto relazione asimmetrica, oggi è riconosciuto. Non gli si chiede di scomparire, e anche la cosiddetta “anti-politica” fa i conti con esso e chiede e grida che una certa classe politica si “faccia da parte”. Farsi da parte, per lasciare quella parte libera. Quei movimenti, a cui tanto è vicina Sara, fanno i conti con esso, e al potere politico chiedono responsabilità. Al potere (politico, economico, finanziario) si chiede si essere visibile, perché un potere nascosto (occulto) non è responsabile. Così come un potere che non si lascia comprendere, sia per il vocabolario che utilizza sia per le dinamiche che vive, non è un potere responsabile, perché nasconde e occulta i suoi “codici” di funzionamento. Lo stesso vale per una politica “distante dalla gente”, essa non è responsabile perché con essa non possiamo misurarci. Sara sceglie così dire la propria in uno spazio pubblico, in una piazza o in un quartiere periferico con la testimonianza e il suo tempo.
C'è poi il silenzio di Beppe. Che è la scelta di tanti. Attenzione, non confondiamo il silenzio con il rifiuto. Se Beppe fosse un ragazzo che vive in Calabria, saprebbe bene che rivolgendosi al tale assessore (regionale se possibile) potrà ottenere quel diritto (un contratto di lavoro di sei mesi, rinnovabile casomai) che al Sud ha ormai preso il nome di “favore”. Beppe così ha riconosciuto il potere. Non è indifferente, tutt'altro. Sceglie il silenzio: la provvisorietà del suo lavoro, dei suoi interessi e delle sue emozioni non è ricomposta, è frammentata. Il motto “cosi fanno tutti”, il “pubblico silenzio” di Beppe, è un'altra faccia dello stesso “disincanto” che porta Sara a manifestare in piazza. In quel silenzio ci sono domande mute, e come tutte le domande hanno una loro dignità, anche quel silenzio ha una sua dignità.
Sara e Beppe, stanno sotto lo stesso ombrello del disincanto, chiedono alla politica responsabilità, ovvero di uscire allo scoperto. E stufi prendono un telecomando e spengono la TV dove è in onda “Il treno dei desideri”. Ridate a Sara e Beppe il diritto a un progetto, e non un “treno dei desideri”. Restituito questo diritto a un progetto, Sara e Beppe non staranno più sotto un ombrello. Ma insieme vi darete appuntamento sotto uno stesso portico per discutere e disegnare insieme dei motivi nuovi per stare in una stessa società, sotto lo stesso portico.

Piccola nota...
Nel pensare questo intervento ho fatto riferimento a:
La mia esperienza
A. Melucci, L'invenzione del presente, Il Mulino 1992
Bontempi M., Pocaterra R., I figli del disincanto. Giovani e partecipazione politica in Europa, Mondadori Bruno 2007
Albert O. Hirschman, Exit, Voice, and Loyalty: Responses to Decline in Firms, Organizations, and States, Harvard University Press, 1970
F. Vaccari, Portici, AVE 2007

lunedì 5 novembre 2007

senza parole



Non voglio scrivere nulla di mio sulla giornata di ieri (Festa diocesana dei giovanissimi).
E' enorme la gratitudine che porto dentro.
Un "Grazie a tutti" lo sento quasi riduttivo.
Grazie a ciascuno va un po' meglio, ma sarebbe solo un piccolo anticipo della gratitudine che porto dentro.
Le cose che seguono le dedico a chi condivide con me il tempo della semina e dell'impegno, della salita e della speranza.
Per il resto, va bene così...senza parole.

Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare». (Luca 17, 10)

Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori.
Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode.
Invano vi alzate di buon mattino, tardi andate a riposare e mangiate pane di sudore: il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno. (Salmo 127)

La fatica di tirare la carretta

Nella nostra attività, abbiamo bisogno di un risultato concreto, almeno parziale, per avere la forza di andare avanti, altrimenti non dico al primo insuccesso, ma al primo attendere prolungato del successo, ci scoraggiamo, diciamo che tutto va male, che non vale la pena, che bisogna cercare formule nuove. In sostanza non abbiamo pazienza. E proprio per questo la nostra azione è sterile e spesso inconcludente: noi non lavoriamo per un piano a largo respiro come è quello della Provvidenza che ha come metro di paragone per i suoi tronfi l’eternità: noi lavoriamo per il successo di oggi, vogliamo vedere il futuro del nostro lavoro, vogliamo essere insieme coloro che seminano e coloro che mietono, senza far bene quindi né una cosa né l’altra.

Non sappiamo più fare, cioè, le piccole cose, il lavoro seccante, quotidiano, nascosto, così poco eroico e così monotono anche. E così succede che noi facciamo, ogni tanto, quando un’idea ci entusiasma, quando un programma ci si rivela in tutta la sua attuale bellezza, dei grandiosi propositi di generosità, di fedeltà, di attività, ma subito poi ci ammosciamo appena ci accorgiamo che è necessaria un’azione lunga, paziente, di cui forse non vedremo i risultati.

È anche per questo, credo, che non sappiamo studiare. Lo studio è una cosa paziente, che non finisce mai, che prima di dare dei risultati richiede una applicazione lunga e costante che superi l’antipatia per una cosa astrusa che pure è necessario assimilare, che accetti il lavoro umile di prendere note e appunti, di cercare e di attendere i libri nelle biblioteche, di ritornare, quando è necessario, indietro, per chiarire un punto rimasto oscuro. C’è una soddisfazione, certo, nello studio. Ma prima di diventare, attraverso lo studio, l’uomo-guida, lo scienziato, l’«eroe», ci vuole troppo tempo e troppa pazienza. Per questo lo studio, anche fra gli studenti universitari, diventa un po’ la cenerentola delle varie attività.

E’ certo che in tutto questo influisce la vita certamente troppo intensa che noi viviamo, la necessità di occuparsi di molte cose, la richiesta che da ogni parte ci vien fatta d’energie giovani. E non voglio dire che queste cose non si debbano fare. Certamente il periodo in cui viviamo è un periodo singolare, in cui noi dobbiamo impegnarci in pieno. Ma bisogna che ci ricordiamo che questo impegno non è solo a fare cose grandi (e facciamole certo, se ci è possibile) ma è anche a fare quotidianamente quelle piccole cose che preparano la via del Signore. E ricordiamoci, nei momenti di entusiasmo quando facciamo dei propositi generosi, di promettere la costanza e la pazienza nel lavoro più monotono e nascosto.

Vittorio Bachelet, La fatica di tirare la carretta, Ricerca 20 Agosto 1947, in Gli ideali che non tramontano, Editrice AVE 1992

lunedì 15 ottobre 2007

Primarie in Calabria. Tutto torna...come prima!

Grande gioia c'è nell'aria per il successo delle primarie del Partito Democratico. Si inneggia alla novità, al cambiamento e alla buona politica. A sentire i leader nazionali quasi quasi verrebbe da crederci. [Link]
Per Dario Franceschini, capogruppo dell'Ulivo alla camera: "più passano le ore più si capisce che è stata veramente una rivoluzione, una rivoluzione pacifica, operosa di centinaia di migliaia di italiani che hanno chiesto alla politica di cambiare fino in fondo, con coraggio, con determinazione".
Il grande vincitore, Walter Veltroni, afferma che il PD sarà "un partito che raccoglie la sfida di rinnovare la politica" [Link]
Tanti sono i comunicati, le frasi. Com'è giusto che sia, è un un giorno di festa perchè nasce qualcosa.

Come sempre, però, la realtà è meno romantica e meno fiabesca di tutto questo giubilo. Almeno in Calabria.
Minniti, segretario regionale del Partito Democratico, dice: "Una bella giornata per la democrazia calabrese" [Link].

Vediamo i "frutti" di questa bella giornata a Cosenza e Rende, zone in cui io vivo e di cui posso parlare:

Collegio Cosenza - Nazionale
A sinistra per Veltroni 682
Con Veltroni Ambiente 295
Democratici con Veltroni 2454
Democratici riformisti 948
Democratici Letta 363
Democratici Rosy Bindi 733

Collegio Rende - Nazionale
Generazione U 72
A sinistra con Veltroni 113
Ambiente innovazione 176
Democratici con Veltroni 592
Democratici Riformisti 1561
Democratici Letta 251
Rosy Bindi 340

[Link NB I dati fanno riferimento solo alle sezioni dei comuni di Cosenza e Rende, e non ai collegi per intero]

A Cosenza sembra chiara la vittoria dei Democratici con Veltroni (2454 voti, con uno scarto immportante rispetto alla seconda arrivata); a Rende stravince la lista Democratici riformisti (1561 voti, anche qui lo scarto con la seconda è consistente).
A Cosenza la lista Democratici con Veltroni è la seguente [Link]:
1. Nicola Adamo
2. Maria Francesca Corigliano
3. Salvatore Perugini
4. Giovanna Tartoni

A Rende la lista Democratici riformisti è questa [Link, non è stato facile trovarlo: sono così riformisti che non hanno nemmeno un sito internet]
1 Principe Sandro
2 Covello Stefania
3 Ferraro Vincenzo
4 Fabiano Delly
5 Muto Alfredo
6 Rossi Margherita.

Per chi conosce un po' di nomi della politica calabrese e cosentina, già questo basterebbe a capire che in tutta questa vicenda non c'è un briciolo di novità. A Cosenza vince Adamo & Co.; a Rende vince Principe & Co(vello). E a questi nomi se ne aggiungano molti altri in altre zone della regione. Tutto torna, come prima. Che grande novità! La bella giornata per la democrazia e per la Calabria, dalle mie parti, è stata segnata da file incredibili di persone determinate a votare fino all'ultimo minuto. Quanto amore per il Partito Democratico! Verrebbe da dire. Ma quello che si vede, da queste parti, non è mai la verità. La verità sta nel clientelismo che ha mobilitato tanta gente; nelle promesse al confine con le minacce che molti hanno ricevuto; nel blocco totale del cambiamento; la verità sta nella famosa frase del Gattopardo: cambiare tutto per non cambiare niente.
Non c'è niente da festeggiare se miei coetanei sono andati a votare non per libertà, ma per forza maggiore (perchè la promessa di un "posto di lavoro" o di qualche misero vantaggio qui è una catena). Molti alla primarie non sono andati a votare, si sono solo messi in fila. E' cosa diversa. Parliamo chiaro. Diciamo la verità.
Mi spiace per chi con passione e onestà ha deciso di candidarsi, si aspettavano il mio sostegno. Non sono andato a votare. A loro dico di uscirne, perchè è tutto bloccato, e per non essere "complici". E poi perchè le logiche del "a buon rendere" contagiano pericolosamente. La speranza sta in altri spazi.

Non c'è niente da festeggiare. Io non festeggio. Festeggino altri, in altre regioni magari. In molte file ieri s'è scritta un'altra pagina triste di questa terra.

giovedì 4 ottobre 2007

preghiere semplici


San Damiano, 6 ottobre 2002

Schiarisce la notte
luce
dolce, calda, tremante.

Riprendimi
da dove ti ho lasciato
e lascia
che al mio sguardo
si apra
una fessura
di spianata
di futuro presente
di amore vivente.

martedì 2 ottobre 2007

un sorriso in risposta a una cosa nuova



E' la vita che accade
E' la cura del tempo
E' una grande possibilità
Non è una sfida
Non è una rivalsa
Non è la finzione di essere meglio
Non è la vittoria l'applauso del mondo
di ciò che succede il senso profondo
(Niccolò Fabi, E' non è, La cura del tempo)

Da due giorni in dipartimento (Cubo 0b) non soffriamo più la solitudine, dopo aver passato interi pezzi di estate nel silenzio.
Sono ripresi i corsi e sotto la mia finestra c'è sempre una "fiera"! La pace sembra finita, come i parcheggi, e non importa. E' bello sentire uno chiedere a un altro: "scusa, ma dov'è la consolidata 2?"; "è qui il corso di statistica?"; "il professore oggi non arriva"...e poi...sentire persone che si presentano, dirsi i nomi e le provenienze.
Quest'anno ci sono un po' di persone che conosco al primo anno di studi. Mi riempie di gioia il loro entusiasmo, e in quei "a me piace", "troppo bella l'università", "noi puntiamo al massimo" c'è tutta l'energia che serve a una partenza. C'è un sorriso in risposta a una cosa nuova. C'è il filo della speranza che lega presente e futuro. Ed è inevitabile fare un tuffo in qualche anno indietro e fare un giro tra i ricordi.
Mi sono chiesto, se una persona per le scale invece di chiedermi dov'è il cubo 1b mi chiedesse: "scusa, sono del primo anno...ma cosa mi aspetta?". Io cosa risponderei? Forse le direi che io ho avuto a che fare con la simpatia e l'antipatia. La simpatia di molti colleghi, e la "simpatia" di certe materie con le quali ti senti subito in sintonia! Con l'antipatia di tanta gente arrogante e l'antipatia di certe materie che proprio non ti vanno giù...che proprio non parlano il tuo linguaggio. E pensavo che forse avere buone relazioni aiuta nello studio, e studiare bene aiuta ad avere buone relazioni. Non è sempre così, e non per tutti è così. Ma a volte succede. Del resto, studiare è entrare in relazione con il tempo e le idee di altra gente. Entrare in relazione con altre vite, o attraverso i libri o nelle aule (e nei bar!), è entrare in relazione con il mistero di quelle vite.
Studiare può arricchire quando forma all'accoglienza e all'ascolto.
Studiare può impoverire quando fa crescere in noi la superbia e la presunzione di essere "esperti".
Studiare può arricchire quando fai esperienza della ricerca della verità.
Studiare può impoverire quando fai esperienza di ricerca del potere e del primato.
Studiare può arricchire quando cerchi la rima tra studio e carità, tra studio e amore.
Studiare può impoverire quando cerchi di primeggiare senza scrupoli.
Studiare può arricchire quando condividi e inviti a condividere il tuo sapere.
Studiare può impoverire quando l'altro è un tuo avversario.
Studiare può arricchire quando guardi ciò che hai davanti con un sorriso e la speranza, nonostante la fatica.
Studiare può arricchire...

Auguri di cuore per questo tempo splendido: il tempo dell'inizio!

venerdì 28 settembre 2007

inedito in rosso per la non violenza!

Piccoli segni di solidarietà a chi protesta in Birmania.
Sta circolando questo messaggio:
"In support of our incredibly brave friends in Burma: may all people around the world wear a red shirt on Friday, September 28. Please forward!"
Per questo anche il mio blog "veste" di rosso.

Continuo comunque a pensare che il miglior gesto è non lasciarli soli informandosi di continuo per conoscere gli sviluppi della situazione. Trovate molto su www.peacereporter.net.

Intanto leggo la notizia che "i soldati della Divisione 33 di stanza a Mandalay hanno disobbedito ieri agli ordini di sparare sui monaci".

mercoledì 26 settembre 2007

non violenti

Li stiamo vedendo in questi giorni protestare. Monaci buddisti. Il 18 settembre hanno marciato pregando, silenziosamente, per le vie di Yangun. Silenziosamente loro, distrattamente noi forse non avevamo capito la portata di quella protesta nobile e non violenta.
In queste ore sono sulle prime pagine dei giornali e dei TG. Ventimila monaci alla testa del corteo e passando per le vie della città il corteo è diventato di centomila persone. Il regime risponde con un coprifuoco, poi stamattina i militari iniziano a picchiare e sparare.
Proviamo a non lasciarli soli, almeno con la nostra attenzione.
La non violenza non è questione archiviata, è ancora viva in chi, come questi monaci, possiede una grande levatura morale.
L'esatto contrario del baratro (morale e intellettivo) che vedremo in Rambo IV, ambientato proprio in quella regione.

Riporto la scheda del conflitto in ex Birmania, da Peacereporter.net (essenziale per chi vuole restare informato su ciò che succede nel mondo; trovate anche la diretta di queste proteste)

Birmania (Myanmar)
Scheda Conflitto



PARTI IN CONFLITTO
1948-OGGI: il conflitto vede il governo militare del paese contro diversi movimenti armati separatisti: tra questi quelli che combattono attivamente sono l’Unione Nazionale Karen (KNU), l’Esercito dello Stato di Shan (SSA) e il Partito Progressista Nazionale Karenni (KNPP). Differentemente hanno firmato un cessate il fuoco col governo l’Organizzazione per l’Indipendenza Kachin (KIO), l’Esercito di Stato Unito Wa (UWSA), l’Alleanza Nazionale Democratica del Myanmar e la Lega Nazionale per la Democrazia (NDL). Le minoranze etniche nel Myanmar sono oltre 35. Il paese è guidato dal 1948, anno dell’indipendenza dalla Gran Bretagna, da una giunta militare che reprime le libertà fondamentali della popolazione e deporta i civili di origine diversa da quella birmana.

VITTIME
Il divieto d’accesso nelle zone di conflitto, note anche come “black area”, rende impossibile determinare con certezza il numero delle vittime. Si stima, comunque, che siano almeno 30 mila i morti tra la sola popolazione Karen dall’inizio del conflitto.

RISORSE CONTESE
Il Myanmar è il secondo produttore di oppio al mondo dopo l’Afghanistan, con più di 60 mila ettari di piantagioni di papavero.

FORNITURA ARMAMENTI
La Cina, insieme a Singapore, ha venduto armi al regime militare al governo, ma negli ultimi anni ha iniziato a temere le connessioni tra i cartelli criminali birmani e le mafie cinesi. Negli ultimi mesi i signori della guerra e della droga avrebbero ripiegato aprendo una rete clandestina di trasporto d’armi dalla Russia e dall’Europa Orientale. Il governo militare accusa la Thailandia di sostenere i gruppi ribelli. Tutte le parti in lotta si finanziano con i proventi della vendita di eroina.

martedì 18 settembre 2007

giovedì 30 agosto 2007

lettera



Madre Teresa diceva: Io non sono che una piccola matita nelle mani di Dio.
Con la mia matita Dio sta disegnando qualcosa nella vita di chi mi sta accanto, ancora non capisco cosa e spesso mi metto io a fare scarabocchi rovinando un po' il disegno.
Con la tua matita sta disegnando stelle, alzo gli occhi al cielo e le guardo quando quaggiù perdo la bussola, quando le mappe non funzionano. Ancora non capisco proprio quelle stelle, perchè sono disegnate con la tua matita? Ma a volte ho l'impressione che mi indichino la rotta, quella giusta.
Stelle silenziose nel cielo, di fronte alle nostre domande non parli ma rispondi. E noi qui invece parliamo tanto, senza mai rispondere davvero. E' questione di alfabeti diversi? non imparo ancora, ma intuisco. Si fa fatica, e lo vedi pure tu. Come barche nella notte andiamo, cercando le profondità, più spesso restiamo arenati. Ma per le profondità siamo fatti, e tu lì ci stai aspettando.

Mi sono chiesto chilometri di pensieri guardando quelle stelle disegnate con te, cercando il senso e la direzione di questo navigare e del tuo precederci.
Ho visto e conosciuto tanti su questa stessa barca, in questa stessa notte. Parliamo della rotta, del mare, delle soste, del vento che spinge e della paura che frena, della manutenzione della barca, di questo distratto e sincero prendersi cura gli uni degli altri.
Siamo in tanti aggrappati a una corda sul ponte, e troppo saldi sono alcuni nodi. A proposito, ho scoperto che in ebraico dire "speranza" è come dire "corda". E piano sto scoprendo pure il perchè.
Siamo in tanti: c'è chi è più affaccendato, chi è più affannato, chi sorride, chi sta in un angolo in silenzio, c'è chi si chiede se questo è un naufragio, c'è chi aspetta il grido "terra!".
Mi guardo intorno e guardo il cielo e quelle stelle.
Ma che cosa costa volersi bene? Eppure sembra la cosa più costosa.
Costa davvero tanto?
Se capissimo che i nostri sono viaggi di sola andata non perderemmo per strada pezzi preziosi. Non perderemmo tempo in paure ed egoismi. Anzi viaggeremmo con bagagli molto più leggeri ed essenziali. Forse se avessimo un po' di fede viaggeremmo senza alcun bagaglio. E' proprio vero che non servono?

Sai, ho piantato un seme nel terreno. Ho provato a prendermene cura, certo facendo degli errori (come puoi immaginare!). Avere cura...innaffiare, riscaldare, rinfrescare, ravvivare, accogliere. Sognavo di vederlo crescere. Senza illudermi che avesse mai riempito la distanza tra il cielo e la terra, avrei solo gustato la gioia di tendere verso l'alto e avere le radici. Avrei visto passare attraverso quei fragili rami le stagioni. Ho provato a piantarlo nel posto che credevo speciale e prezioso. Lo immaginavo come il mandorlo, l'albero dell'attenzione: quello che è il primo a fiorire all'arrivo della primavera. Conosci bene la mia distrazione, sognavo di poter imparare tanto da quel mandorlo.
Ora guardo quel terreno, e sembra muto, sterile. Che fine avrà fatto quel seme piantato? Guardo quel terreno e penso che s'è perduto forse tra i rovi, forse è soffocato. Altre volte lo immagino mentre in silenzio cresce al contrario, non verso l'alto, ma in giù proprio verso le profondità. Intanto sto in silenzio, preparo nuova terra, forse un solco nuovo ("chi mette mano all'aratro non si volta indietro").
O forse ho solo voglia di riposare in silenzio, sul ponte di questa barca su un'amaca fatta di preghiere, ascoltando i segni e lasciandomi cullare da un po' di mare.

Siamo in viaggio, ci vediamo da te.

sabato 25 agosto 2007

Rambo, an instrument of peace?



Un gruppo di missionari cristiani ha bisogno di aiuto per raggiungere il Myanmar (ex Birmania), regione in cui devono portare soccorso ai villaggi della minoranza Karen, copliti dal regime militare birmano. Fin qui ci sarebbe da plaudire a un film che porterebbe all'attenzione di un grandissimo pubblico la tragedia dei Karen e di altre minoranze perseguitate in quella regione.
Ora se avete tre minuti guardate il trailer di questo Rambo IV.
John Rambo vive a Bangkok, dove lavora come fabbro e conduce una vita tranquilla. John Rambo è un ex marine reduce del Vietnam. Gli viene chiesto aiuto dal gruppo di missionari di cui sopra. Il trailer è chiaro: quella zona è molto pericolosa, e nella prima parte sottolinea l'insistenza dei missionari e i soprusi del regime nei villaggi.
A metà arriva il bello, anzi il brutto, l'orrendo.
Intorno al primo minuto, John Rambo tiene tra le mani una croce, come se stesse pregando: deve rispondere a una chiamata. Deve prendere un decisione.
Inizia la voce di un religioso:
"Lord, make me your instrument of peace;
where there is hatred, let me love;
where there is darkness, light;
for it is in giving that we receive,
it is in pardoning we are pardoned,
and it is in dying that we are born to eternal life...
"
E' proprio la preghiera semplice di San Francesco.
Da qui il cambiamento, la scelta!
Il passaggio logico è chiaro: John Rambo accetta...di diventare strumento! Ma strumento di cosa? Le scene che seguono non lasciano dubbi: John è intento a sgozzare, incendiare, accoltellare. Scorrono fiumi di sangue e violenza. Siamo di fronte a un macellaio giustiziere, più vicino a Jack lo squartatore che a un cristiano ispirato da San Francesco.

L'accostamento con la preghiera di San Francesco è quanto meno offensivo. Se poi pensiamo che nella costruzione del trailer essa è decisiva, l'indignazione aumenta. E anche la preoccupazione: il bene e il male dove stanno? Qui la giustizia è violenza allo stato puro. Qui la giustizia è vendetta. Qui ci si sente chiamati, investiti di una "missione" violenta.
Se il pubblico occidentale è ormai in preda a paranoia collettiva, almeno - vi prego - non nominiamo il nome di Dio invano. Dio non è questo, c'ha lasciato detto ben altro. Cristo ha testimoniato ben altro.

Non posso che ritenere il signor Stallone, il regista e tutta la produzione un branco di imbecilli ciarlatani. Il film uscirà nel febbraio 2008, sono curioso di sapere a quanti altri imbecilli questo film piacerà. Del resto, chi si somiglia si piglia.

PS
visto che ci siamo vi invito ad approfondire la questione dei Karen e dell'ex Birmania, almeno parlare di questo film a qualcosa sarà servito:
http://www.peacereporter.net/dettaglio_mappamondo.php?idc=8&idm=2&menu_aree=74
http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idpa=&idc=36&ida=&idt=&idart=5033

domenica 19 agosto 2007

Regali in corso



Oggi la mia stanza sembra un cantiere. Provo a mettere ordine, anche se è un concetto che non mi appartiene. Fogli, appunti, libri, musica, film, giornali, scontrini, due semi di girasole (!!!). ci sono cose che non riescono a stare al proprio posto, e ci sono cose a cui un posto non lo hai mai dato. L'ordine non mi appartiene, ritengo sia limitante. Ma il disordine è soffocante quando prende il sopravvento: allora meglio ripulire un po'!

E oggi ho imparato la bellezza di scartare un regalo piano piano. Ho sempre avuto la certezza di essere circondato da persone speciali. In questi ultimi giorni, in particolare, c'è una persona che mi sta accompagnando:
è un regalo averla conosciuta;
è un regalo la sua delicatezza;
è un regalo la sua compagnia e i suoi consigli;
è un regalo che è arrivato pochi mesi fa, ma sembra che siamo cresciuti insieme!

Avrai capito che sto parlando di te...ti ringrazio davanti a tutti della serenità che mi trasmetti, della vicinanza che mi dimostri, dell'amicizia che stiamo guardando fiorire. Ascoltarsi è il primo passo dell'accoglienza. Ti ringrazio. Lo faccio dedicandoti questa canzone, Costruire di Niccolò Fabi: è un augurio per tutte le cose che inizi e per quelle che stai costruendo, silenziosamente!

venerdì 17 agosto 2007

la soglia



Resti sulla soglia
e intuisci
quanto è faticoso lo stare
quanto ti sgola il tacere
quanto assordante è il silenzio
quanto accecante è la notte.

Ma non vedi?
Non sono parole,
nè sguardi
nè labbra,
nè mani che si parlano:
sono vite che si intrecciano.

Ti illudi che stai decidendo la rotta,
oppure nel deserto ti lasci guidare.

domenica 22 luglio 2007

lame di traverso




La luna di traverso. L'evidente somiglianza con una lama non lascia dubbi. Ho la luna di traverso e la porto in giro come una lama, per tagliare e lasciare un segno. Ci sono giorni in cui è questo il nostro modo di dire "ci sono anch'io".
Passi in mezzo a lune di traverso e accetti il rischio della piccola ferita. Gli altri passano in mezzo alle tue lune di traverso e accettano il rischio delle piccole ferite che darai. Ti chiedi in tutto questo perchè, dopo tutto, si accetta di andare incontro a una lama tagliente. Sai bene che sta nel gioco del conoscersi, e non è un dramma. Ti rispondi con un sorriso che è meglio una piccola ferita per conoscersi, anziché lasciare la conoscenza ferita. E la tua luna, anche per oggi, smetterà di fare capricci.

venerdì 20 luglio 2007

unò duè

Siamo sul piano delle sensazioni, ma questo pezzo di canzone lo trovo bellissimo, almeno a me comunica tanto. Si tratta di Unò-Duè di Daniele Silvestri. Me l'ha inviato Simo negi auguri per il compleanno...

unò-dué unò-dué
lo sguardo lì davanti a te
attento che l'incedere
sia stabile
stabile
unò-dué unò-dué
ti manca sempre un poco il tre
inutile riflettere
unò dué unò dué

mercoledì 18 luglio 2007

28 anni

Quello del "cambiamento" è un pensiero che mi accompagna sempre (nello studio e nella vita privata). Abitare - Habitus - Abitudine - Abito...ci rivestiamo di cosa? Oppure...di cosa ci lasciamo rivestire? E, soprattutto, da chi ci lasciamo rivestire? Credo che questi momenti di crescita e cambiamento sono una splendida lotta tra noi e Dio: come i bambini che resistono al genitore mentre li "cambia", mentre gli mette vistiti nuovi si impuntano, gridano, resistono. Così siamo noi. Siamo Giacobbe che lotta con l'Angelo di Dio (Genesi 32, 23-33) , per essere infine benedetti. Certo, dovremmo imparare da Maria che allo stesso Angelo rispose con un Sì (Luca 1,26-38) . Insomma...siamo dei bambini: piccoli lottatori, resistenti al cambiamento; e tutti dovremmo andare a scuola di povertà, dalla mamma di Gesù. La strada è lunga, è appena iniziata ed è piena di domande (= vocazioni), non di risposte.
Ma tutto questo è molto concreto.
"Mettiamo insieme" tutte le cose che succedono, come faceva Maria: il "filo" (o la corda) che le unisce è la nostra Speranza.

sabato 14 luglio 2007

perfetta letizia

Oggi riporto questo pezzo splendido della tradizione francescana. Spero che da ogni insuccesso possa aprirsi il varco della Novità. Intanto da parte mia, tutto registro e metto insieme...almeno ci provo.

Buona lettura

Come andando per cammino santo Francesco e frate Leone, gli spuose quelle cose che sono perfetta letizia.

Venendo una volta santo Francesco da Perugia a Santa Maria degli Angioli con frate Lione a tempo di verno, e ‘l freddo grandissimo fortemente il crucciava, chiamò frate Lione il quale andava innanzi, e disse così: “Frate Lione avvegnadiochè li frati Minori in ogni terra dieno grande esempio di santità e di buona edificazione; nientedimeno scrivi e nota diligentemente che non è quivi perfetta letizia”. E andando più oltre santo Francesco, il chiamò la seconda volta: “O frate Lione, benché il frate Minore allumini li ciechi e distenda gli attratti, iscacci le dimonia, renda l’udire alli sordi e l’andare alli zoppi, il parlare alli mutoli e, ch’è maggior cosa, risusciti li morti di quattro dì; iscrivi che non è in ciò perfetta letizia”. Andando un poco più oltre, santo Francesco chiamava ancora forte: “O frate Lione, pecorella di Dio, benché il frate Minore parli con lingua d’Agnolo, e sappia i corsi delle istelle e le virtù delle erbe, e fussongli rivelati tutti li tesori della terra, e conoscesse le virtù degli uccelli e dè pesci e di tutti gli animali e delle pietre e delle acque; iscrivi che non è in ciò perfetta letizia”. E andando ancora un pezzo, santo Francesco chiamò forte: “O frate Lione, benché ‘l frate Minore sapesse sì bene predicare, che convertisse tutti gl’infedeli alla fede di Cristo; iscrivi che non è ivi perfetta letizia”.
E durando questo modo di parlare bene di due miglia, frate Lione con grande ammirazione il domandò e disse: “Padre, io ti priego dalla parte di Dio che tu mi dica dove è perfetta letizia. E santo Francesco sì gli rispose: “Quando noi saremo a santa Maria degli Agnoli, così bagnati per la piova e agghiacciati per lo freddo e infangati di loto ed afflitti di fame, e picchieremo la porta dello luogo, e ‘l portinaio verrà adirato e dirà: “Chi siete voi?” E noi diremo: “Noi siamo due de’ vostri frati, e colui dirà: “Voi non dite il vero, anzi siete due ribaldi ch’andate ingannando il mondo e rubando le limosine de’ poveri; andate via” e non ci aprirà, e faracci stare di fuori alla neve e all’acqua, col freddo e colla fame infino alla notte; allora se noi tanta ingiuria e tanta crudeltà e tanti commiati sosterremo pazientemente sanza turbarcene e sanza mormorare di lui, e penseremo umilmente che quello portinaio veramente ci conosca, che Iddio il fa parlare contra a noi; o frate Lione, iscrivi che qui è perfetta letizia. E se anzi perseverassimo picchiando, ed egli uscirà fuori turbato, e come gaglioffi importuni ci caccerà con villanie e con gottate dicendo: “Partitevi quinci, ladroncelli vivissimi, andate allo spedale, chè qui non mangerete voi né albergherete” se noi questo sosterremo pazientemente e con allegrezza e con buono amore; o frate Lione, iscrivi che quivi è perfetta letizia. E se noi pur costretti dalla fame e dal freddo e dalla notte più picchieremo e chiameremo e pregheremo per l’amore di Dio con grande pianto che ci apra e mettaci pure dentro, e quelli più scandolezzato dirà: “Costoro sono gaglioffi, importuni, io li pagherò bene come sono degni; e uscirà fuori con uno bastone nocchieruto, e piglieracci per lo cappuccio e gitteracci in terra e involgeracci nella neve e batteracci a nodo con quello bastone: se noi tutte queste cose sosterremo pazientemente e con allegrezza pensando le pene di Cristo Benedetto le quali dobbiamo sostenere per suo amore; o frate Lione, iscrivi che qui e in questo è perfetta letizia. E però odi la conclusione, frate Lione. Sopra tutte le grazie e doni dello Spirito Santo, le quali Cristo concede agli amici suoi, si è di vincere se medesimo e volentieri per lo amore di Cristo sostenere pene, ingiurie e obbrobri e disagi; imperò che in tutti gli altri doni di Dio noi non ci possiamo gloriare, però che non sono nostri, ma di Dio, onde dice l’Apostolo: “Che hai tu, che tu non abbi da Dio? E se tu lo hai avuto da lui, perché te ne glorii, come se tu l’avessi da te? Ma nella croce della tribolazione e dell’afflizione ci possiamo gloriare, però che dice l’Apostolo: “Io non mi voglio gloriare se non nella croce del nostro Signore Gesù Cristo”.
A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.

Fioretti di San Francesco n° 1836 - 4292

venerdì 13 luglio 2007

uno-due

Ho scoperto che due è il contrario di uno. E insieme a questo noto che a volte quello che conta di più è il mio "uno", non il nostro "due". Strano. Se ci pensi diresti che due è più grande di uno! E invece è solo il suo contrario, non è detto che sia più grande.

giovedì 5 luglio 2007

il contrario di uno

Era venuta per lasciarmi e invece s'era stesa a guarirmi. Le cose migliori dell'amore accadono per caso, si capiscono dopo.
Erri De Luca, Il contrario di uno, pagina quarantaquattro

martedì 3 luglio 2007

l'ombellico

se ti ripieghi su te stesso...
ti fermi
non vai lontano
difficile camminare...
se guardi l'ombellico

lunedì 25 giugno 2007

estate




Era una notte incantevole, una di quelle notti che ci sono solo se si è giovani...(incipit di Le notti bianche, Fëdor Dostoevskij)


Mi fermo spesso a pensare alle notti d'estate. E non nascondo la mia passione per loro, forse perchè essendo nato in estate avrò qualche particolare richiamo psichico che mi rimanda alla mia origine.

Sono sere da dedicare...notti in cui da soli non bastiamo per gustarne la bellezza.
Sere da dedicare...
ad un amico con cui parlare per ore e camminare "prendendo fresco"
ad un giro di amici con cui spartire due panchine e tante chiacchiere;
ad un giro di vino al fresco.
A una persona speciale.
Alle stelle e la città, quando alle tre del mattino ti affacci sul balcone e stai lì a contemplare e respirare piano...
A chi da quel cielo rimane con te.
A un po' di sensazioni che ti accarezzano la pelle libera da maniche.
Alla promessa di vita che porti con te.

A scoprire che è due il contrario di uno.

giovedì 21 giugno 2007

negramaro on air




I Negramaro sono tornati a suonare nella mia stanza, nel mio i-pod per correre e andare in bici e per viaggiare...La finestra è il titolo del nuovo album...
Sono tornati e si candidano ad essere colonna sonora di un'altra mia estate.

Credo sia solo un pretesto per mettermi davanti al passato recente, a un paio di estati, a un po' di ricordi in cui solo la voce rimane uguale, ma musica e parole sono diverse.

Un'altra estate davanti con il peso tremendo e la dolce compagnia dell'estate scorsa. Lo stesso odore di certe sere, ma la musica e le parole sono diverse.
Le stesse stelle di certe sere, ma le ferite sono nuove.
I giorni sono diversi, ma l'Autore rimane lo stesso.

Buona estate e buon ascolto a tutti!

martedì 19 giugno 2007

Madeleine Delbrel, da IL BALLO DELL’OBBEDIENZA (1949)




Se noi fossimo contenti di te, Signore,
Non potremmo resistere
a questo bisogno di danzare che irrompe nel mondo,
e indovineremmo facilmente
quale danza ti piace farci danzare
sposando i passi che la tua Provvidenza ha segnato.

Perché io penso che tu forse ne abbia abbastanza
della gente che, sempre, parla di servirti
con l’aria da capitano,
di conoscerti con aria da professore,
di raggiungerti con regole sportive,
di amarti come ci si ama in un matrimonio invecchiato.

Un giorno in cui avevi un po’ voglia d’altro
Hai inventato san Francesco,
E ne hai fatto il tuo giullare.
Spetta a noi ora di lasciarci inventare
Per essere gente allegra che danza la propria vita con te.

[...]

Signore, Vieni a invitarci.
Siamo pronti a danzarti questa corsa da fare,
Questi conti, il pranzo da preparare, questa veglia in
cui avremo sonno.
Siamo pronti a danzarti la danza del lavoro,
Quella del caldo, e quella del freddo, più tardi.
Se certe arie sono spesso in minore, non ti diremo
Che sono tristi;
Se altre ci fanno un poco ansimare, non ti diremo
Che sono logoranti.
E se qualcuno ci urta, la prenderemo in ridere;
Sapendo bene che questo capita sempre quando si danza.

Signore, insegnaci il posto
Che tiene, nel romanzo eterno
Avviato fra te e noi,
Il ballo singolare della nostra obbedienza.

Rivelaci la grande orchestra dei tuoi disegni;
In essa quel che tu permetti
Dà suoni strani
Nella serenità di quel che tu vuoi.

Insegnaci a indossare ogni giorno
la nostra condizione umana
Come un vestito da ballo che ci farà amare da te,
tutti i suoi dettagli
Come indispensabili gioielli.

Facci vivere la nostra vita,
Non come un gioco di scacchi dove tutto è calcolato,
Non come una match dove tutto è difficile,
Non come un teorema rompicapo,
Ma come una festa senza fine
in cui l’incontro con te si rinnova,
Come un ballo,
Come una danza,
Fra le braccia della tua grazia,
Nella musica universale dell’amore.

Signore, vieni a invitarci.

venerdì 8 giugno 2007

non soli, ma solidali

C'è chi pensa che alla radice della solidarietà ci sta qualcuno che sta meglio e qualcun'altro che sta peggio. Il primo, essendo particolarmente buono, da un aiuto al secondo, il quale - va detto- è bene che segua la regola secondo la quale "a caval donato non si guarda in bocca". Per molti è così, ma questa è la radice della dipendenza. E un rapporto di dipendenza è di per sè una relazione di potere. E non ci vuole un trattato di sociologia o antropologia per capirlo (anche se ne sono stati scritti tanti).

Credo che si è "solidali" quando si è deboli. Quando si entra in relazione con l'altro con le proprie fragilità. Quando davanti a un caffè freddo e un succo di frutta ci si racconta le difficoltà e le speranze, senza diventare distributori di consigli e rette vie. E dall'altra parte, senza "usare" l'altro come spugna.
La solidarietà è stare sullo stesso piano.
La solidarietà è accettare di non essere perfetti, quindi anche di sbagliare.
La solidarietà è ascoltare e lasciarsi ascoltare: mi affascina troppo il meccanismo del "turno di parola", quel dire "e tu?" dopo il proprio racconto.
La solidarietà è equilibrio.
La solidarietà è sostenersi a vicenda.
E' cooperazione.
La solidarietà è fidarsi.
La solidarietà è non essere il dio di se stessi.
La solidarietà è un agire in povertà.
La solidarietà è accoglienza, non è "tolleranza".

lunedì 4 giugno 2007

Come Volevasi Dimostrare




Se ancora ci sono dubbi sulle manovre legate al Family Day fatemi sapere.

l'insonnne che vi salva




questi sono gli effetti del centro sinistra:
si nazionalizza l'energia elettrica,
si sgretolano le famiglie...

Se non ci fosse il video a testimoniarlo direi che questa frase è la citazione di un articolo scritto da un sostenitore del Family Day, oppure la trascrizione di una conversazione fatta in un bar.
Invece, è tratto dal un film del 1963. "Gli onorevoli" di Sergio Corbucci, famoso per il vota-antonio-vota-antonio-vota-antonio, sembra essere d'attualità.

Peccato che oggi di politici nelle fiction e nei film italiani non c'è traccia. La politica è in crisi. Sembra la scoperta di questi giorni. I giornali e gli opinionisti sono bravissimi a parlarsi addosso e a scoprire litri di acqua calda. Bastava guardare con occhio attento un Medico in famiglia oppure Incantesimo per capirlo. Nella televisione, e nel cinema, vengono raccontate narrazioni collettive: quelle che una volta erano le favole nazionali oggi sono le fiction. E proprio perchè si tende a preferire un sistema immaginario a noi familiare, le fiction e i film di maggior successo sono in qualche modo riflesso di rappresentazioni e "habitus" presenti nella società. Non è un caso allora che la politica sia scomparsa dalle narrazioni contemporanee. La politica ha i suoi spazi, ha il suo pubblico, ha il suo palinsesto, ha il suo linguaggio. Entra nelle case, ma non è familiare.

In questi giorni, dunque, si scopre che la politica è in crisi. La cosa divertente è che si parla e si scrive del "partito dell'antipolitica" che punta al potere. Riassumendo: c'è qualche antipolitico che vorrebbe diventare politico per arrivare al potere politico. Qualcosa non va. Forse l'antipolitico non è del tutto tale. E' come uno che sostiene che odia il calcio, ma vorrebbe diventare un calciatore per giocare in una squadra di calcio...e vincere il campionato!
Chi scrive di crisi della politica non ha altri modelli se non quelli istituzionalizzati. Deve per forza fare riferimento a un "partito dell'antipolitica", se no impazzisce! Chi parla dal palco della Confindustria deve avere la prospettiva del potere, se no impazzisce! Poveretti, fanno gli intellettuali e i potenti ma sono dei poveretti che ignorano, degli ignoranti.
A parte queste clamorose incongruenze, che svelano il grande bluf del giochino in atto, si può rispondere costruendo la stagione dell'anti-potere.

Chi scrive di crisi della politica oggi non sa (o forse lo sa e non vuole ammetterlo) che c'è differenza tra consenso e legittimità. Posso pure avere valanghe di voti, ma questo non dice niente sulla legittimità che mi viene accordata dai cittadini. Quando si sente parlare della scelta del "male minore" alle elezioni è proprio una crisi di legittimità che si sta comunicando. Crisi di legittimità è crisi di fiducia, è qualcosa di interiormente vissuto. Il capitale di fiducia della classe politica verso i cittadini è vicino allo zero. Ma nessuno si accorge di questo stato di indigenza. Al Sud si va tranquillamente avanti con il clientelismo di nuova generazione; al Nord si fa leva sulle tasche della gente e così, serenamente, si vivacchia. E tutti vissero Servili e contenti.

Sempre più stanchi e servili continuiamo a subire modelli che servono a riprodurre il potere dei soliti noti e notabili. Noialtri, i senza-potere non abbiamo altra soluzione che rifugiarci in qualche dolce finzione in cui la politica non crea problema, perchè semplicemente non c'è. Un sistema immaginario a noi familiare...un sistema in cui questa classe politica non c'è. Un sogno, appunto.

Italiani dormite pure,borghesi pantofolai, tanto qui c'è l'insonne che vi salva.. mentre voi dormite La Trippa lavora...

giovedì 24 maggio 2007

porte...




Passi il tempo a cercare risposte, mentre è la domanda che dovresti cercare.
Chiederti: chi mi cerca?
Chi mi vuole?
E chiedere: Illumina il cuore mio.

Sai che c'è una porta aperta per te, da qualche parte. Ma non la vedi, per il buio e per le mille distrazioni. Quella porta è la domanda nella quale entrare, la porta a cui rispondere.

domenica 20 maggio 2007

parole in prestito...

Tu stive 'nzieme a n'ato
je te guardaje
primma 'e da' 'o tiempo all'uocchie
pe' s'annammura'
già s'era fatt' annanze 'o core.
A me, a me
'o ssaje comme fa 'o core
a me, a me
quann' s'è annamurato.

Tu stive 'nzieme a me
je te guardavo e me ricevo
comm' sarrà successo ca è fernuto
ma je nun m'arrenn'
ce voglio pruva'.
Poi se facette annanze 'o core
e me ricette:
"Tu vuoje pruvà?
E pruova, je me ne vaco!"
'O ssaje comme fa 'o core
quann s'è sbagliato.

Massimo Troisi

giovedì 17 maggio 2007

mio capitano





fare e disfare
fare e disfare

andare e tornare
andare e tornare

dire e ridire
dire e ridire

ferire e guarire
ferire e guarire

pregare e ascoltare
pregare e sperare

vedere e tacere
tacere e aspettare

fare e disfare
fare e disfare

Capo, mio Capitano
quale rotta prenderemo?
quale senso indicherai?

lunedì 14 maggio 2007

sabato 12 maggio 2007

12 Maggio 2007

Come sempre ci si trova a tifare. Come sempre, ti chiedono di tifare e sventolare bandiere. Oggi, 12 maggio, ti si chiede se stavi a piazza San Giovanni (con i laici cattolici) o a piazza Navona (con i laici laici), oppure se stavi a metà strada.
Io non sto in piazza, nè l'una nè l'altra. E mi fa paura l'idea di contarsi per contare, soprattutto se a farlo sono dei cristiani. Ancora devo capire bene cosa provo, ma mi sento in ricerca. E da credente non riesco a non dire il mio disagio.
Quando si tracciano dei confini severi c'è chi sta dentro e chi sta fuori. Ma ci sarà sempre bisogno di una frontiera. Forse a me, insieme ad altri amici, nei prossimi anni resterà il posto in frontiera. Ma ci resteremo, convinti che la Chiesa è di Cristo, non è nostra proprietà. Convinti che il posto nostro è una periferia, anche piccola. Non vogliamo altro spazio, se lo spazio che c'è oggi è quello del Family Day. Non cerchiamo il successo, se il successo è quello che abbiamo visto oggi. Vivremo in povertà e in debolezza. Smetteremo di contare gli insuccessi, quando diventeranno troppi. Ma proveremo ad essere un luogo in cui, con umiltà e rispetto, diremo a tutti, e a chi ci sta intorno che una relazione,una famiglia, una vita intera con un senso diverso è possibile. E questo senso ha la radice e le ali in Dio.

giovedì 19 aprile 2007

matite nelle mani


Foto di Andrè

Quanto sei contestabile, Chiesa, eppure quanto ti amo!
Quanto mi hai fatto soffrire, eppure quanto a te devo!
Vorrei vederti distrutta, eppure ho bisogno della tua presenza.
Mi hai dato tanti scandali, eppure mi hai fatto capire la santità!
Nulla ho visto nel mondo di più oscurantista, più compromesso, più falso, e nulla ho toccato di più duro, di più generoso, di più bello.
Quante volte ho avuto la voglia di sbatterti in faccia la porta della mia anima, e quante volte ho pregato di poter morire tra le tue braccia sicure.
No, non posso liberarmi di te, perché sono te, pur non essendo completamente te.
E poi, dove andrei? A costruirne un'altra?
Ma non potrò costruirla se non con gli stessi difetti, perché sono i miei che porto dentro.
E se la costruirò sarà la Mia Chiesa, non più quella di Cristo.
Carlo Carretto



Ho qui davanti una matita, regalatami dagli amici del Movimento Giovanile Missionario. Riporta una famosa frase attribuita a madre Teresa di Calcutta: "io non sono che una piccola matita nelle mani di Dio".
Riconoscersi nelle mani di Dio è lasciarsi trasportare, è affidarsi. Sì! perché le nostre vie non sono le Sue vie, e i nostri disegni non sono i Suoi disegni. E allora non resta che diventare matite. Le nostre povere matite disegnano progetti, programmi e proposte, ma sono sempre matite nostre. Lo sforzo è proprio quello di lasciarsi "afferrare", per diminuire l'importanza delle nostre punte di grafite e aumentare quella di Dio. Dovremmo chiedere la grazia di lavorare per scomparire, diminuire noi per lasciare spazio all'Altro e al progetto di Dio. È tanto difficile, siamo ingordi di "io", ma è una tensione necessaria: una mano tesa verso l'alto, come uno sforzo, come una preghiera.

venerdì 6 aprile 2007

è gioia!

Non aggiungo altre parole a questa poesia, traboccante di Gioia...

Buona Pasqua di cuore!

da David Maria Turoldo - Per il mattino di Pasqua

[...]
Io vorrei donare una cosa al Signore,

ma non so che cosa.

Tutto è un suo dono

eccetto il nostro peccato.

Ecco gli darò un`icona

dove lui bambino guarda

agli occhi di sua madre:

così dimenticherà ogni cosa.

Gli raccoglierò dal prato

una goccia di rugiada

- è già primavera

ancora primavera

una cosa insperata

non meritata

una cosa che non ha parole! -

e poi gli dirò d'indovinare

se sia una lacrima

o una perla di sole

o una goccia di rugiada.

E dirò alla gente:

avete visto il Signore?

Ma lo dirò in silenzio

e solo con un sorriso.

[...]

E non piangerò più

non piangerò più inutilmente;

dirò solo: avete visto il Signore?

Ma lo dirò in silenzio

e solo con un sorriso,

poi non dirò più niente.

giovedì 5 aprile 2007

...molti mari e fiumi attraverserò...



Sono senza connessione a casa da un po' di giorni. La quantità di cose che vorrei scrivere e raccontare è enorme.
Oggi lascio questa splendida canzone. Musicalmente semplice (giro armonico quasi "banale"), ma a mio modesto parere bellissima. Il pezzo è del 1995, ma la versione del 2004 (album Perle) è con archi e pianoforte: in questa versione "nuda" si può gustare di più la bellezza del pezzo. Il video è quello della versione originale del 1995...

Occhi di sole,
mi tremano le parole,
amo la vita meravigliosa...

Per tanti motivi la metto, ma soprattutto perchè nonostante "tremano" molte cose "amo la vita"...meravigliosa!
Se vogliamo è un pezzo sulla Gioia...di amare, di vivere e di vivere amando! E visto che Pasqua è alla porte un inno alla gioia è un bell'augurio!

Buona Pasqua!

sabato 24 marzo 2007

nella tua stanza



Chi mi conosce sa che l'ordine non mi appartiene.
Questo pomeriggio ho preso a mettere ordine nella mia stanza.
"Stanza" è un luogo fisico, ma in realtà per ognuno di noi è qualcosa di più, di molto di più. Come la casa, del resto.
La mia stanza mi racconta, e dalla mia stanza mi lascio raccontare. Chi è disordinato come me conosce bene alcuni pericoli: ritrovi scontrini, vecchi biglietti, lettere, ricordi. Poi ognuno reagisce diversamente. Ogni oggetto ha il suo senso, e dovrebbe avere il suo posto. Attraverso le cose possiamo raccontarci: le cose così come sono messe e così dove sono messe ci raccontano. Dalle cose della tua stanza puoi ascoltare e vedere un racconto. Con l'occhio attento ai particolari dalla tua stanza puoi capire tante cose. Ci sono pezzi di tempo che hai fermato, passaggi di vita che hai messo in un angolo nascosto ma che non vuoi gettare; altre cose sono ben visibili, come "monito", e come segno di una piccola transizione. Ci sono stanze che sembrano musei, quasi a dire a tutti (e a te) che non vuoi cambiare. E continui ad arricchire di frasi il racconto della tua stanza, aspettando forse l'occhio attento che sappia riconoscere quell'alfabeto. Continui a "ordinare" per difesa o per una buona abitudine; continui a lavorare su argini che sai che tra un po' cederanno...e tornerai a "mettere ordine", lasciando pezzi di quegli argini. Sono cose che hai vissuto, ti rimangono pezzi, capitoli sparsi, molti appunti. Aspetti un ordine finale, una ricomposizione di tutte quelle cose che non hai gettato perchè...neanche tu lo sai, ma sai che sono cose che non si gettano.
In attesa della ricomposisione, metti ordine nella tua stanza sapendo che non passerà molto tempo prima che tu ci rimetta mano. E' questo il gioco della nostra vita oggi.

lunedì 19 marzo 2007

Alla fine ce l’abbiamo fatta!



Con oggi termina Fiera InMensa 2007.
Pubblico un pezzo scritto da Andrea, un mio grande amico che non si convince ad aprire un blog...non sa cosa ci perdiamo!

Alla fine ce l’abbiamo fatta!
In tutti i sensi sarebbe il caso di dire. Fra visi e occhi che comunicavano gioia, fra il cibo che finiva sempre e la pentola del riso sempre pronta sul fuoco, fra una zimpunia a volte assordante e fastidiosa per i santi medici e infermieri dell’ambulatorio, fra i comunicati stampa mancati e limati, fra le riunioni al chiaro di luna, telefonate rubate dai posti più strani, parole che potevano degenerare, siamo qui!
E’ la forza della gente, delle donne e degli uomini di questa città, delle associazioni, della trasversalità, del rispetto reciproco!
E lasciatecelo dire: che questa classe politica prenda esempio da questa esperienza che coinvolge un’intera città. Che per una volta si sforzi di tendere l’orecchio all’ascolto della società civile, che esprime idee, novità, innovazioni, creatività, contaminazioni. La situazione è abbastanza chiara: se da un lato la società civile esprime novità e creatività, tanto da far rivivere 365 giorni l’anno un posto dismesso come Stella cometa (ex deposito Fcl), dall’altro la classe politica, soprattutto in questa terra, non riesce più ad esprimere nulla che sia vicino ai bisogni della gente. Che a qualcuno non venga in mente di far morire questo posto per metterci sopra cemento armato!
Arrivederci all’anno prossimo….

ANDREA

sabato 17 marzo 2007

Fiera InMensa 2007

C'è aria di festa a Fiera InMensa.
Fiera InMensa è una festa. Festa: non c'è parola più adatta. Chi la guarda vedendovi una mensa, sbaglia. Chi la guarda vedendovi dell'elemosina e dei "poveretti", sbaglia. A Fiera InMensa basta poco per capire che c'è qualcosa di diverso nell'aria. C'è la musica dei fratelli senegalesi, le treccine perfette fatte da alcune donne ad alcune giovani volontarie, anche le strane richieste dei più "furbi" hanno come cornice un sorriso.
Ci si accoglie. Ecco che succede. Si crea calore: nella fatica del servizio da parte dei volontari; nella fatica di una vita intera da parte dei fratelli e delle sorelle ambulanti. Ci si accoglie, a vicenda. Sbaglia chi pensa che vai lì per fare del bene, perchè Fiera InMensa TI fa del bene.
Ti fai del bene ogni volta che esci dalle preoccupazioni private e recintate, e vai verso l'altro. Ogni volta che senti che il cuore ti si sta aprendo, ti fai del bene. Ogni volta che intuisci che da solo non ti realizzi! Ti realizzi insieme agli altri.
E' una festa, ci si accoglie.
Tanti problemi, anche quest'anno. Ci vediamo domani pomeriggio (alle 17 a Stella Cometa) per parlarne con tutti. Resta la gioia, ma anche l'amaro in bocca per una politica che è sempre più "fuori tempo", "fuori luogo", "fuori testa". La politica non c'è, nonostante siamo coscienti che "facciamo politica", quando ci domandiamo certe cose, quando proviamo a farci carico di alcune situazioni. Qui si crea poltica, Fiera InMensa è pure un laboratorio.
Nel silenzio di chi serve a partire dal cuore, ci appartiene la logica di don Milani: "fai strada, senza farti strada". Stiamo testimoniando una città diversa, una comunità cristiana che accoglie, o almeno ci proviamo.

giovedì 15 marzo 2007

...nottetempo...




C'è fila nei pensieri, nottetempo.
Riguardo la giornata, nottetempo.
Rileggo un po' di momenti. Ringrazio.
Confermo o cerco di trasformare.
Nottetempo, quanti verbi potrei usare!
C'è la mia storia, c'è una foto, c'è attesa.
C'è la storia di FieraInMensa ...
E i pensieri si mettono in fila. Alcuni, come puoi immaginare, non hanno l'abitudine a rispettare la fila! Altri sono sempre lì, un po' timidi, ad aspettare una tua attenzione.
I pensieri, in fila.
Alcuni si impongono, altri sanno aspettare.
E c'è la realtà, che se non stai attento in tutta quella fila di pensieri si affaccia e torna indietro. Tanto è tranquilla, lei; tanto c'è, è "presente". E lo sa bene. Si sente superiore a quella fila chiassosa, può pure evitare di spingere per passare. Si affaccia e torna indietro..."tu comunque, da me ritorni", ti dice con un sorriso la realtà. Nottetempo.

sabato 10 marzo 2007

dedicato...



...a chi con me ha suonato questo pezzo
a chi si commuove ascoltandolo
a chi sorride ascoltandolo dal cielo
a chi andrà a leggere il testo
a chi lo vorrà tradotto
a chi ha ali per vivere più in alto
a chi dall'alto ci resta così vicino
a chi ali per essere un angelo.

A chi legge cose su questo blog che solo lei può capire.

A chi "l'amicizia in Cristo ha tutto un altro sapore".

A chi dovrebbe parlarmi
a chi mi ha detto tutto.

A chi dovrei parlare
a chi ho detto tutto.

A chi ho lasciato
a chi era tutto
a chi vorrei chiedere perdono.

A chi usa i punti sospensivi
a chi ha il coraggio del punto e a capo.

A chi "resta"
a chi "sta dentro"
a chi "accompagna"
a chi "guarda dentro"
a chi "mette radici e usa le ali"
a chi ha messo mano all'aratro
a chi si ferma per controllare il solco
a chi è povero
a chi cerca un angelo

e quell'angelo è già stato donato
e quell'angelo già ti vive accanto.

giovedì 8 marzo 2007

L'amore non muore, partorisce



...molti dicono che lui sia morto, ma noi che lo conoscevamo bene sappiamo che non si tratta di morte, ma di parto.
Perché si può nascere in tanti modi...

martedì 6 marzo 2007

Dov'è il vostro tesoro...

Esercizi spirituali. Prima della partenza passi un po' di tempo a pensare alle aspettative, e a qualche timore che hai. Forse questo era uno stare "protesi verso", oppure era una sottile tentazione di "dare una forma" prima nella testa. Un modo sottile di non stare con i piedi per terra. Credo sia entrambe le cose, il punto sta nel peso che dai all'una o all'altra.
Ma ogni tentativo (o tentazione) di dare una forma prima, impatta meravigliosamente con la Grazia, che è sempre sovrabbondante: "una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo" (Lc 6, 36-38). E ti ricorda che non c'è forma che tenga, non c'è misura che regga, quando sei disposto a ricevere il dono di Dio.
Il silenzio lo senti scavare, a volte con forza e un po' di dolore, lo senti mettere radici. Sei povero, ma non sei solo: con le tue preoccupazioni, con i bisogni a cui hai dato troppo potere di renderti felice, con le tue fughe in una immagine di realtà che non c'è. Sei povero, perché ti senti sazio, ma sei sazio di aria e anidride carbonica: un po' come pranzare solo con la Coca Cola. Sei povero, confuso, e capisci che di questa povertà Dio è innamorato e per Amore s'è fatto a piedi la distanza che c'è tra cielo e terra, tra infinito e infinitamente piccolo. L'esercizio diventa liberarti dalle bollicine frizzanti che gonfiano e non nutrono. L'esercizio diventa stare con i piedi per terra, nella tua realtà: è qui, è oggi che ricevi i doni di Dio. L'esercizio è "farsi borse che non invecchiano", capire che la vita non è vivere solo per saziare dei bisogni. Perché Dio sa quello di cui hai bisogno, e te lo dona, e te lo prepara.
Dov'è il mio tesoro? A cosa ho dato lo scettro della mia felicità? Perché è verso quel tesoro che noi tendiamo, è quel tesoro che ci vive dentro e ci orienta. Capire a quale tesoro stai rivolgendo i passi è molto importante: è il "tesoro inesauribile nei cieli"? Oppure è il tesoro fatto di bisogni immediati, di egoismo, fatto di poca fede e troppa fretta?
Qualcuno mi ha detto di avere lasciato il cuore a Paola (dove si è svolto il ritiro). Io non capivo cosa volesse dire. Ma mi diceva una cosa vera: in quei giorni intuisci il Tesoro, lo intravedi, ne fai una povera e bellissima esperienza nel silenzio. Poi nei giorni quotidiani quel silenzio diventa il punto da cui riparti, verso cui ti rivolgi di tanto in tanto per ripassare le coordinate, immerso nelle bollicine frizzanti!
Per non lasciare il Tesoro appeso a quel punto, c'è da colmare la distanza tra Paola e casa tua. Anche a piedi se necessario. Questo vuol dire che il cammino continua, anzi riparte.

Dov'è il nostro tesoro, là sarà anche il nostro cuore.

martedì 27 febbraio 2007

Noi siamo quella razza...



Noi siamo quella razza che non sta troppo bene, che 'l giorno salta ' fossi e la sera le cene.
Lo posso gridar forte, fino a diventar fioco: noi siamo quella razza che tromba tanto poco.
Noi siamo quella razza che al cinema s'intasa per veder donne ignude e farsi seghe a casa.
Eppure la natura ci insegna, sia sui monti sia a valle, che si può nascer bruchi per diventar farfalle.
Ecco noi siamo quella razza che l'è tra le più strane,che bruchi siamo nati e bruchi si rimane.
Quella razza siamo noi, è inutile far finta,ci ha trombato la miseria e siamo rimasti incinta.

sabato 24 febbraio 2007

La trave nell'occhio del Paese

Durante la mia intensa settimana di seminari sulla metodologia della ricerca sociale (fatti insieme ai colleghi di Firenze e Perugia) è caduto il governo. Tipico caso in cui ognuno può dire la sua opinione, il proprio pronostico. Rossi e Turigliatto ormai sono sulla bocca di tutti, e certo non dormono sonni tranquilli (quantomeno per l'infinità di maledizioni di cui sono stati destinatari). Io non ho né verità, né pronostici. Ho un paio di MA che condivido con te che leggi.
MA...è possibile che nel 2007 Andreotti sia ancora determinante? E' deprimente.
MA...non è che stiamo sottovalutando la strategia di costruzione di un'area di centro, sponsorizzata e "tutorata" da Ruini&Co.?
Non affermo che ci sia stato un complotto. Possiamo però affermare che osservando la situazione dal punto di vista "centrista" le difficoltà del governo in senato in quel 21 febbraio siano state una manna dal cielo, un'occasione da non perdere. E non credo che Andreotti non se ne fosse accorto. Vedremo.

Resta il fatto che questo gran parlare, credo anche il mio su questo piccolo blog, tutte queste analisi, interviste, dichiarazioni e (tele)salotti...non vedono (e non vogliono vedere) la trave, cercando la pagliuzza più raffinata. Ma c'è la trave. Questa classe politica italiana è un peso, è una trave vecchia e piena di tarli. Riproduce meccanismi sempre uguali a se stessi, con l'obiettivo di riprodurre il proprio potere. C'è uno stacco epocale tra la popolazione e le elites politiche; nei primi del '900 non c'era il suffragio universale, ma il gap era simile. Siamo nel pieno di una crisi democratica. Nel pieno dello svuotamento della rappresentanza. Personalmente, se non vedrò segnali di serio rinnovamento non andrò a votare (né alle regionali, né alle politiche). Se non vedrò un po' di gente farsi da parte, mi farò da parte io (almeno sarà una scelta consapevole, e non subita come al solito ci capita). La più grande azione politica che possiamo fare in questi anni sarà l'impegno per la crescita delle coscienze e per la crescita della coscienza politica in tutti, insieme a tutti, nessuno escluso. E' un impegno formativo che i partiti (e le loro sezioni di base) sono incapaci (e non hanno alcuna intenzione) di fare. E' un cammino veramente popolare, di popolo, a cui mi pare abbiamo rinunciato pure noi cristiani. Con tutto il rispetto, non credo nell'impegno "diretto" dei cristiani in questo momento. Entrare per cambiare dal di dentro, si dice, come atto di responsabilità. Ma la distanza rimane, e il veleno del privatismo continua ad agire nel tessuto sociale.
Scrive Giuseppe Dossetti nel 1993:
Non vedo nascere un pensiero nuovo nè da parte laica, nè da parte cristiana. Siamo tutti immobili, fissi su un presente, che si cerca di rabberciare in qualche maniera, ma non con il senso della profondità dei mutamenti. Non è catastrofica questa visione, è reale; non è pessimista, perché io so che le sorti di tutti sono nelle mani di Dio. La speranza non vien meno, la speranza che attraverso vie nuove e imprevedibili si faccia strada l'apertura a un mondo diverso, un pochino più vivibile, certamente non di potere. [...] Non cercate nella nostra generazione una risposta, noi siamo veramente solo dei sopravvissuti

mercoledì 14 febbraio 2007

Il tetto senza la casa sotto

Tantissimi sono i pensieri di questi giorni, ancora di più le sensazioni e i sentimenti. Le tengo dentro, consentitemi. Con voi vorrei condividere una riflessione su cui mi scervello da tempo. Questioni di ecclesia, ma non troppo...viste le ultime dichiarazioni del Card. Ruini.

La ipertrofia delle catechesi (non le catechesi in sè!) cosa potrebbe generare? In un incontro di catechesi molto frequentato mi pare ci sia una dinamica vicina alla comunicazioni "di massa” in cui uno parla e cento ascoltano. In più, cosa che più mi interessa, si instaura una relazione asimmetrica; per definizione il potere è una relazione asimmetrica. Cosa si sta riproducendo dunque? Quale prospettiva ci fa intravedere questo tipo di relazione? Mi sembra che un approccio del genere educhi all'autorità (che è relazione asimmetrica e ha come modalità il comando). La comunità accogliente funziona invece sulla base di relazioni simmetriche, che hanno come modalità la reciprocità. Nella reciprocità possiamo educare alla responsabilità, alla cura dell'altro, alla partecipazione che è prima di tutto “compassione”. In un cammino di scoperta dei nostri doni, possiamo dare risposta alla domanda: “a che servono questi talenti?”.
Il sentirci in ricerca e “in domanda”, in questo simili a tanti nostri coetanei, è un esercizio di umiltà, una confessione di povertà e di piccolezza. Ma è il primo passo per creare comunità accoglienti. Forse questo poco si sposa con una “teologia della presenza”, che vede il credente al potere per difendere ciò che (in superficie) rimane della società cristiana e imporre dall'alto valori “ispirati”. Un tetto senza la casa sotto.

martedì 6 febbraio 2007

Caro sciacallo...

Ho perso le parole, così prendo in prestito quelle di un'altra persona (uno che sa scrivere!) per rivolgermi a tutti gli idioti che in giro per l'Italia (e sui messaggi personali di Messenger) vanno esultando per la morte di un uomo, considerandola una vittoria. Ho saputo inoltre che c'è qualche sciacallo anche tra gli aderenti alla mia associazione, me ne vergogno e per loro dichiaro il fallimento della nostra proposta educativa.

Caro piccolo sciacallo che, sopra un muro di Livorno, hai inneggiato alla morte dello "sbirro" Filippo Raciti: ma come fai a non sapere che lo sbirro sei tu? Raciti era un lavoratore di 38 anni, che per uno stipendio da operaio andava a farsi sputare addosso da quelli come te. Soldatacci, sbirraglia da curva, branco armato che per provare il brivido di essere qualcuno trasforma la miserabile identità di "tifoso" in valor militare. Tu sei lo sbirro, tu il repressore, tu il persecutore delle vite altrui, tu e tutte le cosche mafiose che, in tutti gli stadi italiani, presidiano il territorio della domenica (rubandolo agli altri) per dimenticare di essere uno zero tutti gli altri giorni. Credi di essere "di sinistra", magari "rivoluzionario", ma hai la tipica testa del maschio reazionario, piena delle parole retoriche e sceme della sedicente "cultura ultrà": onore, gloria, vittoria, cascami di un linguaggio di guerra che ormai fa ridere anche nelle caserme, dove i tuoi coetanei la pelle la rischiano davvero. Magari avrai vent'anni, ma sei un vecchio. Un vecchio violento e ipocrita, che per ammantare di qualche ideale la tua frustrazione, la tua prepotenza, te la passi da ribelle. Non sei un ribelle, sei un conformista. Un piccolo conformista dal cuore vuoto. Vuoto quanto basta per diventare sbirro.
Michele Serra - L'Amaca - la Repubblica del 4 Febbraio 2007

domenica 4 febbraio 2007

Risposte istituzionali e risposte "dal basso"

Calcio malato. Oggi giustamente non si è parlato d'altro. E mi auguro che si continui a farlo per un po'. Ricordo i temi a scuola sulla violenza negli stadi, un classico titolo su cui scrivere un po' di opinioni. Ora gli strumenti per farti un'opinione sono di più, o forse solo diversi. Su quello che sta accadendo ci sarebbe tanto da studiare...soprattutto per uno come me. E' necessario andare oltre l'opinione per cercare di leggere quello che sta accadendo. Lo sport più importante del paese è forse lo specchio di qualcosa. La violenza è diffusa anche tra le serie definite "dilettanti", e allora dove sta il problema? O meglio, dove stanno i problemi? C'è una corsa a cercare una soluzione, ognuno ne ha una, un po' come se fossimo ai mondiali quando ognuno si sente in diritto di dare la propria formazione. Il calcio sarà sempre più da salotto, con buona pace di chi lucra sui diritti Tv? e davanti a tutto questo siamo ridotti allo status di "telespettatori", o al limite di piccoli opinionisti in casa. Non ci resta che indignarci privatamente, ed è già una grande cosa! Ci hanno espropriato di grandi emozioni e passioni: per risposta non si riesce a fare altro che farsi un abbonamento a Sky?! Mi chiedo se qualcuno si è attivato per qualche mobilitazione collettiva, qualche assemblea. Non ho trovato traccia di notizia, vi prego di segnalarmi cose di questo tipo! Mancano dei pezzi: se tutti, giustamente, invochiamo una risposta dura (e seria) dello stato; quasi nessuno, mi pare, ha fatto riferimento a una risposta "dal basso". Le due cose dovrebbero andare di pari passo, se vogliamo fare le cose per bene. E invece, fedeli alla massima "la domenica è del pallone", ci si privatizza in casa grazie ad un abbonamento e una parabola. La repressione faccia il resto, si pensa, continuando a rigenerare una reale guerra tra poveri: quella tra "guardie" e "delinquenti". Mentre da parte delle elites, il falso in bilancio è largamente utilizzato e comodamente depenalizzato.
Che sta succedendo intorno a noi? Qualcosa non regge più, e non si può cambiare canale all'infinito! Su cosa si fonda oggi il nostro stare insieme come Paese? Chissà! Iniziamo a farci queste domande...poi pensiamo alle soluzioni!

PS Un grazie a Vincenzo e a Michele per le chiacchierate su questo tema.

PPS Pensando al poliziotto ucciso, istintivamente mi è venuta in mente la poesia di Pasolini "Il PCI ai giovani!!" che richiama, sebbene in contesto molto diverso, la condizione di molti poliziotti:

"Bella vittoria, dunque,
la vostra! In questi casi,
ai poliziotti si danno i fiori, amici".

venerdì 2 febbraio 2007

Daniele Silvestri - Mi persi





Niente tv, solo internet. "Mi persi", il videoclip del nuovo singolo di Daniele Silvestri, sarà visibile solo in streaming.

giovedì 1 febbraio 2007

31 gennaio



Svestirsi dell'abito che ti sei cucito addosso, ed essere rivestito.
Iniziare un'altra giornata di pesca, dopo una notte a non prendere niente.
Lasciare che tutto ti lasci e tutto lasciare, e seguire il Tesoro.
Incamminarti verso il "bello vero", senza chiedersi quanto sarà lungo il cammino.
Essere certo che tutto ha un senso, e sperare.

Cambiare casa, e abitarne una non progettata da te.
Cambiare casa, lasciandoti abitare.