sabato 24 febbraio 2007

La trave nell'occhio del Paese

Durante la mia intensa settimana di seminari sulla metodologia della ricerca sociale (fatti insieme ai colleghi di Firenze e Perugia) è caduto il governo. Tipico caso in cui ognuno può dire la sua opinione, il proprio pronostico. Rossi e Turigliatto ormai sono sulla bocca di tutti, e certo non dormono sonni tranquilli (quantomeno per l'infinità di maledizioni di cui sono stati destinatari). Io non ho né verità, né pronostici. Ho un paio di MA che condivido con te che leggi.
MA...è possibile che nel 2007 Andreotti sia ancora determinante? E' deprimente.
MA...non è che stiamo sottovalutando la strategia di costruzione di un'area di centro, sponsorizzata e "tutorata" da Ruini&Co.?
Non affermo che ci sia stato un complotto. Possiamo però affermare che osservando la situazione dal punto di vista "centrista" le difficoltà del governo in senato in quel 21 febbraio siano state una manna dal cielo, un'occasione da non perdere. E non credo che Andreotti non se ne fosse accorto. Vedremo.

Resta il fatto che questo gran parlare, credo anche il mio su questo piccolo blog, tutte queste analisi, interviste, dichiarazioni e (tele)salotti...non vedono (e non vogliono vedere) la trave, cercando la pagliuzza più raffinata. Ma c'è la trave. Questa classe politica italiana è un peso, è una trave vecchia e piena di tarli. Riproduce meccanismi sempre uguali a se stessi, con l'obiettivo di riprodurre il proprio potere. C'è uno stacco epocale tra la popolazione e le elites politiche; nei primi del '900 non c'era il suffragio universale, ma il gap era simile. Siamo nel pieno di una crisi democratica. Nel pieno dello svuotamento della rappresentanza. Personalmente, se non vedrò segnali di serio rinnovamento non andrò a votare (né alle regionali, né alle politiche). Se non vedrò un po' di gente farsi da parte, mi farò da parte io (almeno sarà una scelta consapevole, e non subita come al solito ci capita). La più grande azione politica che possiamo fare in questi anni sarà l'impegno per la crescita delle coscienze e per la crescita della coscienza politica in tutti, insieme a tutti, nessuno escluso. E' un impegno formativo che i partiti (e le loro sezioni di base) sono incapaci (e non hanno alcuna intenzione) di fare. E' un cammino veramente popolare, di popolo, a cui mi pare abbiamo rinunciato pure noi cristiani. Con tutto il rispetto, non credo nell'impegno "diretto" dei cristiani in questo momento. Entrare per cambiare dal di dentro, si dice, come atto di responsabilità. Ma la distanza rimane, e il veleno del privatismo continua ad agire nel tessuto sociale.
Scrive Giuseppe Dossetti nel 1993:
Non vedo nascere un pensiero nuovo nè da parte laica, nè da parte cristiana. Siamo tutti immobili, fissi su un presente, che si cerca di rabberciare in qualche maniera, ma non con il senso della profondità dei mutamenti. Non è catastrofica questa visione, è reale; non è pessimista, perché io so che le sorti di tutti sono nelle mani di Dio. La speranza non vien meno, la speranza che attraverso vie nuove e imprevedibili si faccia strada l'apertura a un mondo diverso, un pochino più vivibile, certamente non di potere. [...] Non cercate nella nostra generazione una risposta, noi siamo veramente solo dei sopravvissuti

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