martedì 27 febbraio 2007

Noi siamo quella razza...



Noi siamo quella razza che non sta troppo bene, che 'l giorno salta ' fossi e la sera le cene.
Lo posso gridar forte, fino a diventar fioco: noi siamo quella razza che tromba tanto poco.
Noi siamo quella razza che al cinema s'intasa per veder donne ignude e farsi seghe a casa.
Eppure la natura ci insegna, sia sui monti sia a valle, che si può nascer bruchi per diventar farfalle.
Ecco noi siamo quella razza che l'è tra le più strane,che bruchi siamo nati e bruchi si rimane.
Quella razza siamo noi, è inutile far finta,ci ha trombato la miseria e siamo rimasti incinta.

sabato 24 febbraio 2007

La trave nell'occhio del Paese

Durante la mia intensa settimana di seminari sulla metodologia della ricerca sociale (fatti insieme ai colleghi di Firenze e Perugia) è caduto il governo. Tipico caso in cui ognuno può dire la sua opinione, il proprio pronostico. Rossi e Turigliatto ormai sono sulla bocca di tutti, e certo non dormono sonni tranquilli (quantomeno per l'infinità di maledizioni di cui sono stati destinatari). Io non ho né verità, né pronostici. Ho un paio di MA che condivido con te che leggi.
MA...è possibile che nel 2007 Andreotti sia ancora determinante? E' deprimente.
MA...non è che stiamo sottovalutando la strategia di costruzione di un'area di centro, sponsorizzata e "tutorata" da Ruini&Co.?
Non affermo che ci sia stato un complotto. Possiamo però affermare che osservando la situazione dal punto di vista "centrista" le difficoltà del governo in senato in quel 21 febbraio siano state una manna dal cielo, un'occasione da non perdere. E non credo che Andreotti non se ne fosse accorto. Vedremo.

Resta il fatto che questo gran parlare, credo anche il mio su questo piccolo blog, tutte queste analisi, interviste, dichiarazioni e (tele)salotti...non vedono (e non vogliono vedere) la trave, cercando la pagliuzza più raffinata. Ma c'è la trave. Questa classe politica italiana è un peso, è una trave vecchia e piena di tarli. Riproduce meccanismi sempre uguali a se stessi, con l'obiettivo di riprodurre il proprio potere. C'è uno stacco epocale tra la popolazione e le elites politiche; nei primi del '900 non c'era il suffragio universale, ma il gap era simile. Siamo nel pieno di una crisi democratica. Nel pieno dello svuotamento della rappresentanza. Personalmente, se non vedrò segnali di serio rinnovamento non andrò a votare (né alle regionali, né alle politiche). Se non vedrò un po' di gente farsi da parte, mi farò da parte io (almeno sarà una scelta consapevole, e non subita come al solito ci capita). La più grande azione politica che possiamo fare in questi anni sarà l'impegno per la crescita delle coscienze e per la crescita della coscienza politica in tutti, insieme a tutti, nessuno escluso. E' un impegno formativo che i partiti (e le loro sezioni di base) sono incapaci (e non hanno alcuna intenzione) di fare. E' un cammino veramente popolare, di popolo, a cui mi pare abbiamo rinunciato pure noi cristiani. Con tutto il rispetto, non credo nell'impegno "diretto" dei cristiani in questo momento. Entrare per cambiare dal di dentro, si dice, come atto di responsabilità. Ma la distanza rimane, e il veleno del privatismo continua ad agire nel tessuto sociale.
Scrive Giuseppe Dossetti nel 1993:
Non vedo nascere un pensiero nuovo nè da parte laica, nè da parte cristiana. Siamo tutti immobili, fissi su un presente, che si cerca di rabberciare in qualche maniera, ma non con il senso della profondità dei mutamenti. Non è catastrofica questa visione, è reale; non è pessimista, perché io so che le sorti di tutti sono nelle mani di Dio. La speranza non vien meno, la speranza che attraverso vie nuove e imprevedibili si faccia strada l'apertura a un mondo diverso, un pochino più vivibile, certamente non di potere. [...] Non cercate nella nostra generazione una risposta, noi siamo veramente solo dei sopravvissuti

mercoledì 14 febbraio 2007

Il tetto senza la casa sotto

Tantissimi sono i pensieri di questi giorni, ancora di più le sensazioni e i sentimenti. Le tengo dentro, consentitemi. Con voi vorrei condividere una riflessione su cui mi scervello da tempo. Questioni di ecclesia, ma non troppo...viste le ultime dichiarazioni del Card. Ruini.

La ipertrofia delle catechesi (non le catechesi in sè!) cosa potrebbe generare? In un incontro di catechesi molto frequentato mi pare ci sia una dinamica vicina alla comunicazioni "di massa” in cui uno parla e cento ascoltano. In più, cosa che più mi interessa, si instaura una relazione asimmetrica; per definizione il potere è una relazione asimmetrica. Cosa si sta riproducendo dunque? Quale prospettiva ci fa intravedere questo tipo di relazione? Mi sembra che un approccio del genere educhi all'autorità (che è relazione asimmetrica e ha come modalità il comando). La comunità accogliente funziona invece sulla base di relazioni simmetriche, che hanno come modalità la reciprocità. Nella reciprocità possiamo educare alla responsabilità, alla cura dell'altro, alla partecipazione che è prima di tutto “compassione”. In un cammino di scoperta dei nostri doni, possiamo dare risposta alla domanda: “a che servono questi talenti?”.
Il sentirci in ricerca e “in domanda”, in questo simili a tanti nostri coetanei, è un esercizio di umiltà, una confessione di povertà e di piccolezza. Ma è il primo passo per creare comunità accoglienti. Forse questo poco si sposa con una “teologia della presenza”, che vede il credente al potere per difendere ciò che (in superficie) rimane della società cristiana e imporre dall'alto valori “ispirati”. Un tetto senza la casa sotto.

martedì 6 febbraio 2007

Caro sciacallo...

Ho perso le parole, così prendo in prestito quelle di un'altra persona (uno che sa scrivere!) per rivolgermi a tutti gli idioti che in giro per l'Italia (e sui messaggi personali di Messenger) vanno esultando per la morte di un uomo, considerandola una vittoria. Ho saputo inoltre che c'è qualche sciacallo anche tra gli aderenti alla mia associazione, me ne vergogno e per loro dichiaro il fallimento della nostra proposta educativa.

Caro piccolo sciacallo che, sopra un muro di Livorno, hai inneggiato alla morte dello "sbirro" Filippo Raciti: ma come fai a non sapere che lo sbirro sei tu? Raciti era un lavoratore di 38 anni, che per uno stipendio da operaio andava a farsi sputare addosso da quelli come te. Soldatacci, sbirraglia da curva, branco armato che per provare il brivido di essere qualcuno trasforma la miserabile identità di "tifoso" in valor militare. Tu sei lo sbirro, tu il repressore, tu il persecutore delle vite altrui, tu e tutte le cosche mafiose che, in tutti gli stadi italiani, presidiano il territorio della domenica (rubandolo agli altri) per dimenticare di essere uno zero tutti gli altri giorni. Credi di essere "di sinistra", magari "rivoluzionario", ma hai la tipica testa del maschio reazionario, piena delle parole retoriche e sceme della sedicente "cultura ultrà": onore, gloria, vittoria, cascami di un linguaggio di guerra che ormai fa ridere anche nelle caserme, dove i tuoi coetanei la pelle la rischiano davvero. Magari avrai vent'anni, ma sei un vecchio. Un vecchio violento e ipocrita, che per ammantare di qualche ideale la tua frustrazione, la tua prepotenza, te la passi da ribelle. Non sei un ribelle, sei un conformista. Un piccolo conformista dal cuore vuoto. Vuoto quanto basta per diventare sbirro.
Michele Serra - L'Amaca - la Repubblica del 4 Febbraio 2007

domenica 4 febbraio 2007

Risposte istituzionali e risposte "dal basso"

Calcio malato. Oggi giustamente non si è parlato d'altro. E mi auguro che si continui a farlo per un po'. Ricordo i temi a scuola sulla violenza negli stadi, un classico titolo su cui scrivere un po' di opinioni. Ora gli strumenti per farti un'opinione sono di più, o forse solo diversi. Su quello che sta accadendo ci sarebbe tanto da studiare...soprattutto per uno come me. E' necessario andare oltre l'opinione per cercare di leggere quello che sta accadendo. Lo sport più importante del paese è forse lo specchio di qualcosa. La violenza è diffusa anche tra le serie definite "dilettanti", e allora dove sta il problema? O meglio, dove stanno i problemi? C'è una corsa a cercare una soluzione, ognuno ne ha una, un po' come se fossimo ai mondiali quando ognuno si sente in diritto di dare la propria formazione. Il calcio sarà sempre più da salotto, con buona pace di chi lucra sui diritti Tv? e davanti a tutto questo siamo ridotti allo status di "telespettatori", o al limite di piccoli opinionisti in casa. Non ci resta che indignarci privatamente, ed è già una grande cosa! Ci hanno espropriato di grandi emozioni e passioni: per risposta non si riesce a fare altro che farsi un abbonamento a Sky?! Mi chiedo se qualcuno si è attivato per qualche mobilitazione collettiva, qualche assemblea. Non ho trovato traccia di notizia, vi prego di segnalarmi cose di questo tipo! Mancano dei pezzi: se tutti, giustamente, invochiamo una risposta dura (e seria) dello stato; quasi nessuno, mi pare, ha fatto riferimento a una risposta "dal basso". Le due cose dovrebbero andare di pari passo, se vogliamo fare le cose per bene. E invece, fedeli alla massima "la domenica è del pallone", ci si privatizza in casa grazie ad un abbonamento e una parabola. La repressione faccia il resto, si pensa, continuando a rigenerare una reale guerra tra poveri: quella tra "guardie" e "delinquenti". Mentre da parte delle elites, il falso in bilancio è largamente utilizzato e comodamente depenalizzato.
Che sta succedendo intorno a noi? Qualcosa non regge più, e non si può cambiare canale all'infinito! Su cosa si fonda oggi il nostro stare insieme come Paese? Chissà! Iniziamo a farci queste domande...poi pensiamo alle soluzioni!

PS Un grazie a Vincenzo e a Michele per le chiacchierate su questo tema.

PPS Pensando al poliziotto ucciso, istintivamente mi è venuta in mente la poesia di Pasolini "Il PCI ai giovani!!" che richiama, sebbene in contesto molto diverso, la condizione di molti poliziotti:

"Bella vittoria, dunque,
la vostra! In questi casi,
ai poliziotti si danno i fiori, amici".

venerdì 2 febbraio 2007

Daniele Silvestri - Mi persi





Niente tv, solo internet. "Mi persi", il videoclip del nuovo singolo di Daniele Silvestri, sarà visibile solo in streaming.

giovedì 1 febbraio 2007

31 gennaio



Svestirsi dell'abito che ti sei cucito addosso, ed essere rivestito.
Iniziare un'altra giornata di pesca, dopo una notte a non prendere niente.
Lasciare che tutto ti lasci e tutto lasciare, e seguire il Tesoro.
Incamminarti verso il "bello vero", senza chiedersi quanto sarà lungo il cammino.
Essere certo che tutto ha un senso, e sperare.

Cambiare casa, e abitarne una non progettata da te.
Cambiare casa, lasciandoti abitare.